Tra le ultime tendenze in campo alimentare, oltre agli ormai noti prodotti vegetali sostitutivi alla carne o ai prodotti lattiero-caseari, come la più famosa “fake meat” e le bevande vegetali, stanno emergendo anche sostituti veg ai prodotti ittici, i cosiddetti alt fish o “pesce vegetale” (1).
Ridurre il consumo di prodotti ittici allevati intensivamente sembra essere potenzialmente vantaggioso per l’ambiente e, in alcune situazioni, anche per la salute umana, in particolare in quei luoghi dove la pesca viene condotta senza criteri e in acque contaminate, portando i consumatori ad assumere involontariamente metalli pesanti e mercurio (riscontrati recentemente in abbondanza soprattutto nel tonno) che potrebbero avere effetti nefrotossici, epatotossici e neurotossici (2).
In ogni caso, a prescindere da queste situazioni “estreme”, il pesce, grazie ai suoi preziosi nutrienti tra cui amminoacidi essenziali e acidi grassi omega-3, resta un alimento importante della nostra alimentazione (come ricordano anche FAO, OMS e linee guida per una sana alimentazione (CREA)) ma, di fronte ad un pianeta che si dirige verso una crescita esponenziale della popolazione, con annesso un inevitabile aumento della domanda alimentare e di quella di nuovi regimi (vegano, vegetariano, plant-based), è importante poter assicurare a tutti il soddisfacimento degli stessi bisogni senza rischiare di compromettere le risorse per le generazioni future.
Come viene prodotto il pesce vegetale?
L’obiettivo principale dell’alternativa vegetale è riuscire ad offrire un prodotto capace di imitare a livello sensoriale e nutrizionale le caratteristiche del pesce che, in generale, presenta un contenuto di acqua pari al 70-80%, di proteine pari al 15-20%, di lipidi al 2-5% e di carboidrati e micronutrienti al circa 2% sul totale della massa.
L’ingrediente principale per ottenere questi prodotti è costituito dalle proteine di origine vegetale e nei casi più efficienti l’estrazione di quest’ultime avviene a partire dagli scarti di lavorazione in ottica di economia circolare e riduzione degli sprechi lungo la filiera (1,3). Tra le materie prime utilizzate primeggiano i legumi (soia, piselli, lenticchie e ceci), gli pseudocereali (quinoa e grano saraceno), i cereali (grano, riso e sorgo), i tuberi e i semi oleosi (1) ma anche le alghe e i funghi, dalle cui micoproteine sono state recentemente ottenute valide formulazioni proteiche (3).
In molti casi, le proteine estratte da matrice vegetale, dopo essere state sottoposte a diversi trattamenti, si sono mostrate ingredienti con composizione confrontabile in termini di amminoacidi essenziali rispetto ai prodotti di origine animale (come nel caso delle proteine estratte dalla soia che presentano punteggi PDCAAS pressoché equivalenti a quelli dei prodotti ittici) (1,4). Oltre alle proteine, per la preparazione di questi alimenti sostitutivi, vengono utilizzati anche Sali ad alta forza ionica che, interagendo con gli ioni (come, ad esempio, calcio e magnesio) possono contribuire a donare un effetto gelificante superiore, ma anche lipidi (come EPA e DHA) che ne influenzano texture e proprietà nutrizionali, fibre alimentari che agiscono come riempitivi, leganti o estensori, compattando ulteriormente la neonata matrice alimentare (1,3) e, ultimi ma non ultimi coloranti e conservanti (4).
Gli alimenti sostitutivi sono davvero valide alternative a livello nutrizionale?
Nonostante le buone intenzioni, il fatto che questi sostituti vegetali presentino un numero elevato di ingredienti desta non poche preoccupazioni in molti ambienti, tra cui quelli che usufruiscono dei sistemi di classificazione NOVA, che includono queste alternative vegetali nel 4° gruppo, ovvero tra gli alimenti ultra-processati collettivamente considerati meno salutari (4). D’altro canto, se si parla invece di sicurezza alimentare, pilastro ormai imprescindibile per assicurare un corretto stato nutrizionale a tutta la popolazione, questi prodotti sembrano avere un impatto indiretto sui paesi a medio-basso reddito: a prescindere infatti dalla presenza di un notevole numero di ingredienti, questi alimenti sono stati pensati per garantire un corretto apporto di nutrienti in linea con quanto presente nei prodotti ittici che emulano e anche una parziale sostituzione degli abituali ultra-processati con questi nuovi prodotti potrebbe sopperire alle carenze nutrizionali che molte diete locali presentano. Tuttavia, per poter effettivamente confrontare la valenza di queste alternative vegetali rispetto ai prodotti della piscicoltura e agli altri ultra-processati sono necessarie ulteriori ricerche.
Fonti:
1. Kazir, M., & Livney, Y. D. (2021). Plant-Based Seafood Analogs. Molecules, 26(6), 1559.
2. Bose, R., Spulber, S., & Ceccatelli, S. (2021). Methylmercury Exposure and Developmental Neurotoxicity: New Insights from Neural Stem Cells. Handbook of Neurotoxicity, 1-23.
3. Alcorta et al. (2021). Foods for Plant-Based Diets: Challenges and Innovations. Foods
4. Marwaha, N., Beveridge, M., Phillips, M. J., Komugisha, B. R., Notere Boso, D., Chan, C. Y., … & Wiebe, K. (2020). Alternative seafood: Assessing food, nutrition and livelihood futures of plant-based and cell-based seafood.